Le persone vorrebbero che i brand le facessero sorridere o addirittura ridere, tuttavia i manager aziendali sono titubanti all’idea di usare l’umorismo nelle interazioni con i clienti, stando a un nuovo studio di Oracle (CX) e Gretchen Rubin, autrice di libri e podcast sull’auto-realizzazione e la felicità, ben cinque volte in classifica tra i best-seller del New York Times.
La ricerca “The Happiness Report” è stata condotta coinvolgendo più di 12.000 consumatori e responsabili aziendali in 14 paesi, Italia compresa, e ha riscontrato che le persone sono alla ricerca di esperienze che le rendano felici e premiano i brand che usano bene l’umorismo. Infatti si fidelizzano maggiormente al marchio, lo promuovono attivamente e fanno acquisti ripetuti - e al contrario tendono ad allontanarsi dai brand che non lo fanno.
Dopo gli ultimi anni difficili, la maggior parte delle persone sta cercando nuovi stimoli che le rendano più felici e, in alcuni casi, in Italia più che in altri Paesi del mondo.
Le persone vogliono che i brand facciano divertire, ma i responsabili aziendali interpellati nella ricerca ammettono che i loro brand usano raramente lo humour nelle interazioni con i clienti.
Dalla ricerca emerge che i consumatori ripagherebbero i marchi che scelgono l’umorismo con maggiore fidelizzazione, promozione attiva del brand e acquisti ripetuti – e si allontanerebbero da chi, invece, non usa toni divertenti.
Infine, a livello globale e italiano, un motivo principale per cui non si usa lo humour è la mancata disponibilità di dati, informazioni, strumenti per usare l’umorismo con successo. In generale, l’85% dei manager lamenta questa carenza; il 55% si sentirebbe più tranquillo a usare toni divertenti con i clienti se avesse più visibilità sulle loro caratteristiche (55%) e avesse accesso a tecnologie evolute come l’intelligenza artificiale (32%).
“Abbiamo passato un periodo difficile e in tutto il mondo c’è mancanza di felicità. Abbiamo bisogno di esperienze che ci facciano sorridere, e i Brand potrebbero aiutare” commenta Gretchen Rubin, podcaster e scrittrice 5 volte in cima alle classifiche del NY Times. “I brand che vogliono contribuire alla felicità del loro pubblico devono iniziare a farlo partendo dai dati e dalla conoscenza del cliente; solo dopo si può comporre il mix giusto di humour, personalità ed esperienza con il brand così da aumentare la fidelizzazione e la disponibilità a consigliare quel marchio ad altri.”
“La Customer Experience continua a evolversi, ma alla fine tutto dipende da un'unica cosa: rendere felici i clienti", ha dichiarato Rob Tarkoff, Executive Vice President e General Manager di Oracle Advertising and Customer Experience (CX). “Nel perseguire la felicità per i clienti entrano in gioco molti fattori diversi e in questa ricerca abbiamo deciso di analizzare proprio l'umorismo, perché risulta uno dei più interessanti. Come dimostrano i risultati, la maggior parte dei manager aziendali vorrebbe farli sorridere o ridere di più, perché si rende conto che ciò è fondamentale per stabilire un vero rapporto. Per avere successo in questo, i Brand devono mettere i dati al centro della propria strategia di Customer Experience".
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I risultati della ricerca si basano su un sondaggio condotto da Savanta, Inc. negli Stati Uniti, nel Regno Unito, negli Emirati Arabi Uniti, in Francia, Germania, Italia, Giappone, Cina, Singapore, India, Australia, Messico, Brasile e Colombia dal 3 al 27 gennaio 2022. Per questo sondaggio, a 12.183 consumatori, tra cui 3.125 business leader tra marketing, vendite e servizio clienti, sono state poste domande generali sull'impatto della pandemia sulla felicità e sull'apertura a vedere un'emozione come l'umorismo inserita nelle attività di pubblicità, marketing, vendite e servizio clienti come parte dell'esperienza complessiva del cliente. Lo studio si è rivolto ai consumatori e ai dirigenti d'azienda a tempo pieno di età pari o superiore ai 21 anni. Gli intervistati sono stati reclutati attraverso una serie di meccanismi diversi, attraverso diverse fonti per unirsi ai panel e partecipare ai sondaggi di ricerca di mercato. Tutti i panelisti hanno superato un processo di doppio opt-in e completano in media 300 punti di dati di profilazione prima di partecipare ai sondaggi. Gli intervistati sono invitati a partecipare via e-mail e ricevono un piccolo incentivo monetario per farlo. I risultati di qualsiasi campione sono soggetti a variazioni di campionamento. La grandezza della variazione è misurabile ed è influenzata dal numero di interviste e dal livello delle percentuali che esprimono i risultati. In questo studio, le probabilità sono 95 su 100 che il risultato di un sondaggio non vari, in più o in meno, di più di 0,9 punti percentuali dal risultato che si otterrebbe se le interviste fossero state condotte con tutte le persone dell'universo rappresentato dal campione.
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